La qualità di scrittura di Matteo Professione, in arte Ernia, non si scopre di certo ora. Al suo terzo album ufficiale e in studio, non ha deluso le aspettative, anche se sul suo conto la critica non si è mai espressa con lodi sperticate. Rapper multi-tecnico e con una cultura superiore alla media, non ha mai goduto di un amore incontrastato da parte dei media italiani né dai fan del genere, molto spesso per testi incomprensibili, a causa di citazioni di alto livello intellettuale se paragonate alla media della scena rap italiana e alla cultura di chi ascolta.
Rispetto agli album precedenti – “68” e “Come uccidere un usignolo” – “Gemelli” è sicuramente frutto di propensione ad apparire più appetibile a tutti, senza comunque snaturarsi e annoverando citazioni di autori e libri molto ricercati, come Richard Wagner e Fëdor Dostoevskij.
A distanza di cinque mesi, l’album appare leggero ma allo stesso tempo profondissimo, a causa del tema del doppio, comprensibile persino dal titolo. Se da una parte Ernia è “Vivo”, titolo della prima canzone, è anche un po’ “Morto dentro”, come la quarta traccia. La canzone che ha riscontrato più successo, in radio e nella musica in streaming, è senza alcun dubbio “Superclassico”, stabilmente in classifica FIMI e doppio platino. Uno dei classici pezzi di Ernia che vengono messi in dubbio dai fan, con un approccio più leggero e commerciale, come direbbero gli haters.
Una strategia che però paga anche qui, alleggerendo il contesto del disco e variando un po’ il flow del pezzo rap, facendo capire che Ernia non è solo e sempre un rapper, ma anche un cantante in grado di fare hit: è capitato anche in passato di inserire in “Come uccidere un usignolo” la canzone “Bella” o in “68” di aggiungere “Domani”.
“Gemelli” è un disco di cui non ci si stanca mai, con “Superclassico”, “Morto Dentro”, “Puro Sinaloa” (rifacimento di una colonna portante del rap italiano, “Puro Bogotà” della Dogo Gang), “Cigni” e “MeryXSempre” come highlights.