Risale al 1861 quello che viene definito il terremoto più lungo della storia, ancora oggi oggetto di studio degli esperti per evitare che un fenomeno simile possa ripetersi in futuro. In Indonesia, presso l’isola di Sumatra, circa 160 anni fa un terremoto di magnitudo 8.5 provocò la morte di migliaia di persone elevando un muro di acqua che colpì la zona costiera dell’isola.
Quello che poteva apparire come un terremoto come tanti altri, si rivelò essere la fase culminante di un terremoto “silenzioso” iniziato circa 32 anni prima. Terremoti di questo tipo prendono il nome di “eventi di scivolamento lento”, con una durata di vari giorni, mesi o addirittura anni. Ma anche all’interno di tale categoria così particolare, il terremoto di Sumatra resta un caso eccezionale, perla sua durata trentennale, il doppio del terremoto che, secondo gli scienziati di Nature Geoscience, prima deteneva il record di più lungo della storia. Emma Hill, geodeta che lavora presso l’Osservatorio terrestre dell’Università tecnologica Nanyang di Singapore, dichiara: “Non avrei mai pensato che potesse verificarsi un evento di scivolamento lento così lungo, eppure ne abbiamo trovato le tracce”. Restano dunque stupiti anche gli studiosi, che adesso si dedicano allo studio di tale fenomeno per far provare a impedire che qualcosa del genere possa accadere ancora nel futuro.
Terremoti con tale caratteristica emettono l’energia accumulata con il movimento delle placche tettoniche, non sottoforma di scosse ed esplosioni, ma in maniera più silenziosa e graduale, apparentemente innocua. Infatti sono proprio questi piccoli spostamenti sotto terra a sollecitare le zone adiacenti lungo una faglia, causando scosse molto più forti e pericolose nelle zone circostanti. È già forte la preoccupazione per altre aree indonesiane, come l’isola di Enganno, che a detta dello studioso Rishav Mallick sta sprofondando molto velocemente, presentando una serie di elementi che farebbero ben pensare a un terremoto lento. Pare che a testimoniare gli spostamenti tettonici della terra sia, inaspettatamente, il corallo, in particolare i “Porites”, che presentano una forma stretta e allungata, in quanto tendono ad allungarsi raggiungendo la superficie dell’acqua. Se il livello dell’acqua aumenta, il corallo si allunga in altezza; se il livello diminuisce, la parte di corallo che supera la superficie d’acqua muore, e quella sommersa si estende lateralmente. Dunque tali coralli sono definiti “mareometri naturali”, permettendo di tenere una traccia del cambiamento del livello dell’acqua lungo il tempo.
Sulla costa occidentale di Sumatra, la placca tettonica scivola sotto la placca della Sonda e si ferma in una zona sottostante un arco di isole indonesiane. La collisione fa sì che la placca discendente trascini anche il terreno soprastante; che può arrivare a innalzare delle zone costiere verso l’alto. In seguito al terremoto di magnitudo 8.7 verificatosi a Sumatra nel 2005, il geologo Aron Meltzner è tornato ogni anno sull’isola per concentrarsi sullo studio dei coralli, ed è stato proprio grazie a tale impegno che, dieci anni dopo, Meltzner e i suoi colleghi hanno tracciato i movimenti terrestri che hanno causato il terremoto del 1861, capendo che si era trattato di un caso particolare di terremoto a rallentatore.
È chiaro che la Terra continua a riservarci esperienze mai viste né studiate prima, ricordandoci quanto poco controllo possiamo avere su di essa: “Ogni volta che pensiamo di aver capito come funzionano i movimenti tettonici, ecco che la Terra ci mostra qualcosa di nuovo e imprevisto”, afferma la geodeta Emma Hill, “più raccogliamo dati, nel tempo, più sorprese come questa scopriremo”.