Anche la “quinta generazione” avrà in comune con quelle che l’hanno preceduta un fattore chiave: il rapporto con l’energia. Non solo per quanto riguarda i consumi, probabilmente in crescita (anche se non è detto che sia proprio così). Più in generale il 5G permetterà una convergenza sempre più stretta tra i due mondi. La nuova tecnologia — spiega Matteo Di Castelnuovo, Direttore del MaSem (Master in sustainability and energy management) all’Università Bocconi — sarà un “enabler”, un facilitatore di moltissime nuove funzioni. E permetterà la gestione di complessità di qualche ordine di grandezza superiori. Si pensi al sistema elettrico e a che cosa potrebbe permettere la capacità di raccogliere una massa enorme di dati e di veicolarli velocemente.
La parola chiave qui è “ottimizzazione”: poter gestire, ad esempio, un insieme frammentato e intermittente di impianti di generazione green, solare ed eolica, anche su base locale grazie all’elaborazione di dati meteorologici (nuvole, vento) ottenuti dai sensori posti sulle reti di trasmissione di Terna, o di altri distributori. Oppure poter dirottare l’energia prodotta in eccesso nelle ore assolate o ventose, e magari dirigerla verso la produzione di idrogeno. Ancora: sfruttare come riserva smart di energia le batterie delle auto del (futuro) parco di trasporto elettrico. Il sistema dell’energia e il sistema dei trasporti, sempre più elettrico, tenderanno a trasformarsi in un tutt’uno. E il 5G potrebbe permettere al sistema auto elettrica di essere più efficiente, ottimizzando non solo i percorsi ma anche i rifornimenti dalle colonnine di alimentazione.
Quanto costerà tutto ciò in termini di consumi elettrici? A prima vista parecchio, anche se la tecnologia (e ancora una volta la possibilità di gestire sistemi complessi grazie alla mole dei dati raccolti e alla loro velocità di trasmissione) potrebbe essere la soluzione del problema. Secondo l’Iea, l’Internazional energy agency, l’impatto su consumi (e emissioni di gas serra) del 5G è ancora incerto. Attualmente, sostiene l’agenzia, un’antenna 5G consuma all’incirca tre volte più energia di quanto faccia un’antenna 4G. Ma miglioramenti tecnologici in atto, come la possibilità di adottare lo “sleep mode” (con il 4G non si poteva), o di dirigere il segnale direttamente verso il device interessato piuttosto che su un’area vasta come nel 4G (in gergo si chiama «Massive multiple input-multiple output») consentirebbero scatti di efficienza notevoli. Il gap di energia consumata in più potrebbe così ridursi al 25% entro il 2022, mentre i providers di infrastrutture di rete (come Ericsson, Cisco e altri) stimano che la quinta generazione mobile possa essere più efficiente da dieci a venti volte del 4G, a sua volta cinque volte più efficiente del 3G.
Problema risolto? Non proprio, se non si tiene in dovuta considerazione l’effetto rimbalzo, ovvero la probabile crescita della richiesta di dati, e quindi il maggior traffico. I Bit saranno più efficienti dal punto di vista dell’energia, ma saranno comunque molti, molti di più. Il traffico degli Internet provider nel periodo 2016-2019 è raddoppiato, dice l’Iea, e potrebbe farlo ancora entro il 2022. Le reti dati hanno consumato circa 250 Terawattora nel 2019 e anche con tutta la tecnologia disponibile potrebbero arrivare a 270 nel 2022. Si tratta dell’1% del consumo mondiale annuo di energia elettrica (e dell’85% della domanda di un Paese come l’Italia). Le incognite, per il sistema combinato 5G-energia, non si fermano però all’effetto rimbalzo. “Se il sistema diventa più complesso, più sofisticato e più ramificato risulterà anche più vulnerabile — fa notare Di Castelnuovo — e più esposto ai rischi di effetto domino. Un’extra protezione sarà necessaria”. Malgrado tutto, però, il futuro non può attendere.