Letteratura

Il Booker Prize 2020 va allo scozzese Douglas Stuart

Il Booker Prize, il premio letterario inglese più prestigioso, quest’anno è anche stato il più diverso della sua storia. Per la prima volta, infatti, nella cinquina finale è arrivato solo uno scrittore nato nel Regno Unito: gli altri finalisti erano tutti americani, indiani o africani. Da sottolineare, inoltre, diverse esclusioni eccellenti – dai 162 tomi della prima cernita – come quelle di Hilary Mantel (che comunque il Booker l’ha già vinto due volte) e Colum McCann. Tra gli altri elementi di differenziazione rispetto al passato, il fatto che quattro scrittori su cinque fossero al romanzo d’esordio e tutti i nominati non siano attualmente residenti nel Regno Unito.

Ha vinto Douglas Stuart, 44 anni, il favorito dei bookmaker grazie alla sua notevole opera prima Shuggie Bain. Un racconto potente e brutale quello dello scrittore scozzese, ambientato nella sua ruvida Glasgow degli anni ’80, all’epoca in guerra contro Margaret Thatcher. Bisogna risalire allo “scandaloso” Booker conferito allo sboccato, estremo e “glaswegian” James Kelman nel 1994, con l’intraducibile Troppo tardi, Sammy, per trovare un metro di paragone. In Shuggie Bain si racconta la tormentata adolescenza di Shuggie, figlio omosessuale dell’alcolizzata e nichilista Agnes, che vive la sua infanzia tra droga, depressioni, disagio, guerra sociale e tanta omofobia.

L’evento si è tenuto in uno scenario virtuale ma sempre molto posh e chic: sono intervenuti in videoconferenza persino Barack Obama, Kazuo Ishiguro, Margaret Atwood (vincitrice per due volte del premio, l’ultima con I Testamenti) e la duchessa di Cornovaglia Camilla, che ha ringraziato per “tutti i viaggi che ci fanno fare i romanzi nonostante il lockdown”.

L’ex Presidente americano ha detto che riesce “a dare un senso al mondo solo leggendo” e che “il Booker Prize mi ricorda la potenza della narrativa nell’immedesimarsi in qualcun altro: così comprendiamo le sue battaglie e di conseguenza anche le nostre”. Per Ishiguro, invece, il premio è fondamentale “perché porta alla luce opere straordinarie che altrimenti rimarrebbero nell’ombra”.

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