Il documentario “The art of protest” e il viaggio attraverso una street art impegnata nella lotta sociopolitica

Tutti conosciamo la leggendaria rivista statunitense di musica e cultura fondata nel 1967, Rolling Stone, che da qualche anno ha subito un restyling per un look più frizzante e moderno. Ecco, proprio su questo periodico è da poco disponibile, gratuitamente, il documentario “The art of protest” (“L’arte della protesta”), realizzato da Indecline. 

Indecline è un collettivo artistico di attivisti, fondato nel 2001, che comprende fotografi, writers e filmmakers. Come si legge sullo stesso sito “si focalizza sulle ingiustizie sociali, ecologiche ed economiche compiute da governi americani e internazionali, da società e forze dell’ordine”. Il gruppo ha iniziato a lavorare al progetto nel 2018, inizialmente l’obiettivo era quello di realizzare un viaggio attraverso la storia dell’arte usata come simbolo di resistenza, poi però, visto il periodo alquanto movimentato negli Stati Uniti, si è trasformato ben presto in un vero e proprio invito all’azione. 

Il film di 45 minuti porta gli spettatori alla scoperta delle installazioni, dei graffiti, delle opere e degli avvenimenti artistici che negli ultimi anni hanno lasciato il segno, negli Stati Uniti come a Mosca. 

16 luglio 2016 – Los Angeles. Una data e un luogo, inizia così il documentario che ci fa tornare indietro di quattro anni, precisamente due giorni prima della Convention Nazionale Repubblicana. Esattamente quel giorno, in quattro diverse città americane (Los Angeles, Cleveland, New York, San Francisco e Seattle), sono apparse le rappresentazioni del Presidente Donald Trump, completamente nudo, firmate da Indecline. Ovviamente queste statue hanno provocato scalpore, divertimento, ma anche indignazione e agitazione in tutti gli Stati Uniti. 

Alla realizzazione del documentario hanno partecipato moltissimi artisti che con le loro parole hanno spiegato l’importanza dell’arte vista come arma pacifica per comunicare, per lottare e per coinvolgere i cittadini su temi sociopolitici. Per la pittrice attivista Jadie Herrera il pennello è diventato la sua arma, “è così che lotto” ha dichiarato. Secondo un altro artista attivista molto conosciuto, Shepard Fairey, più le persone daranno voce alle proprie idee, più lotteranno per la giustizia in modo creativo e più contribuiranno ad un futuro migliore. 

Il film ci porta anche dietro le quinte di “The people’s prison”, installazione realizzata da Indecline all’interno del Trump International Hotel and Tower. Gli artisti hanno trasformato una delle suite in una vera e propria prigione, in cui un sosia di Donal Trump è stato rinchiuso dietro le sbarre con ratti vivi e circondato da ritratti di attivisti e rivoluzionari americani come Betty Friedan, Hunter S. Thompson, Angela Davis, Muhammad Ali, Noam Chomsky, Erica Garner e altri. Gli autori spiegano che dal loro punto di vista il presidente Trump è l’opposto di ciò che rende grande l’America, “volevamo circondarlo di queste persone. Questa è l’America di cui siamo orgogliosi, questa è una parte della nostra storia da cui siamo ispirati, queste sono le persone a cui guardiamo come esempio in questi tempi turbolenti”. 

Questo viaggio porta gli spettatori anche in Russia, quando il gruppo punk russo “Pussy Riot” in seguito all’esibizione nella Cattedrale di Mosca contro Putin, fu incarcerato. Si passa poi ai collettivi di attivisti che lottano per il cambiamento climatico, alle iniziative del collettivo “The yes men” e a molte altre rappresentazioni come “Freedom Kick” e “This land was our land”. Spazio anche per un’altra installazione firmata sempre Indecline, “Grave New World”: gli artisti hanno creato il cimitero di Trump per mostrare ciò che il presidente ha ucciso, alcune delle lapidi portano il nome “decency” (“decenza”), “our future” (“il nostro futuro”), “the last snowman” (“l’ultimo pupazzo di neve”) riferito all’accordo con Parigi. 

Largo spazio poi per il movimento “Black Lives Matter”, letteralmente “le vite dei neri contano”, che lotta contro il razzismo e protesta contro gli incidenti che avvengono con la polizia e che ancora oggi provocano troppe morti. In segno di protesta e per ricordare alcune delle vittime, Indecline ha fatto apparire sulla Walk of Fame alcuni dei nomi dei neri americani morti in seguito agli scontri con la polizia. 

Il documentario, a tratti divertente e a tratti commovente, fa riflettere sull’importanza dell’arte che ha il potere di coinvolgere le persone e unirle per combattere contro le ingiustizie. 

“L’arte può essere uno strumento efficace per portare a cambiamenti in tutto il mondo”, Damien Echols. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

2 × 1 =